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Segui i soldi. Se volete fare del male a un gangster, allora cercate i suoi guadagni illeciti. Questo vale soprattutto quando non si riesce a catturare il criminale che sta dietro a tutti quei soldi. Come sta accadendo in Sicilia a Matteo Messina Denaro, il boss dei boss di Cosa Nostra, latitante dal 1993. Il governo italiano lo sta catturando milione per milione, con alcuni sequestri per un totale di oltre 1 miliardo di euro.
Sequestrare i suoi soldi. È l’unico strumento rimasto agli investigatori italiani per dare la caccia all’inafferrabile boss di Cosa Nostra. Nonostante i numerosi arresti di molti mafiosi e collaboratori a lui vicini, le autorità rimangono all’oscuro della posizione di Messina Denaro.
Negli ultimi anni, la polizia ha confiscato denaro e proprietà direttamente e indirettamente collegate a Messina Denaro. L’ultimo arresto è avvenuto oggi, come riporta l’agenzia di stampa italiana ANSA, con il sequestro di beni per un valore di 1,1 milioni di euro legati a Rosario Tommaso Leo, che secondo gli inquirenti sarebbe legato alla famiglia di Messina Denaro.
Fratelli & sorelle
Matteo Messina Denaro (pronuncia italiana: [matˈtɛːo mesˈsiːna deˈnaːro]; nato il 26 aprile 1962), noto anche come Diabolik, è un boss della mafia siciliana. Il suo soprannome deriva dall’omonimo personaggio dei fumetti italiani. È considerato uno dei nuovi capi di Cosa Nostra dopo l’arresto di Bernardo Provenzano l’11 aprile 2006 e l’arresto di Salvatore Lo Piccolo nel novembre 2007. Messina Denaro divenne noto a livello nazionale il 12 aprile 2001, quando la rivista L’Espresso lo mise in copertina con il titolo: Ecco il nuovo capo della Mafia” o “Ecco il nuovo boss mafioso”. È un latitante inserito nella lista dei ricercati dal 1993 e secondo la rivista Forbes è tra i dieci criminali più ricercati al mondo.[1][2] Con la morte di Bernardo Provenzano nel 2016 e di Salvatore Riina nel 2017, Messina Denaro è visto come il capo indiscusso di tutti i capi all’interno della mafia.
Matteo Messina Denaro è nato a Castelvetrano, in provincia di Trapani, in Sicilia. Suo padre, Francesco Messina Denaro, noto come Don Ciccio, era il capo mandamento di Castelvetrano e il capo della Commissione Mafia della regione di Trapani. Matteo imparò a usare la pistola a 14 anni e a 18 commise il primo dei suoi numerosi omicidi. Si stima che abbia ucciso almeno 50 persone. “Ho riempito un cimitero da solo”, si è vantato una volta. Si è fatto una reputazione uccidendo il boss rivale Vincenzo Milazzo di Alcamo e strangolando la fidanzata di Milazzo, incinta di tre mesi.
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ROMA – Il latitante numero uno di Cosa Nostra comunica con gli scagnozzi utilizzando messaggi scritti sepolti nella terra o nascosti sotto i massi negli allevamenti di pecore e va e viene dalla Sicilia, forse grazie a una protezione di alto livello, hanno detto gli investigatori lunedì dopo aver arrestato alcuni dei suoi presunti complici. Nelle prime ore del mattino, nelle campagne della Sicilia occidentale, la polizia ha preso in custodia 11 uomini che gli investigatori ritengono abbiano aiutato il boss mafioso Matteo Messina Denaro a esercitare il potere, nonostante sia latitante dal 1993. Gli investigatori hanno descritto come Messina Denaro, 53 anni, disdegni le telecomunicazioni e si affidi a note scritte a mano, o “pizzini”, per trasmettere gli ordini. I biglietti venivano appallottolati, ricoperti di nastro adesivo e nascosti sotto le rocce o scavati nel terreno fino a quando i tirapiedi non li recuperavano. I messaggi venivano distrutti dopo essere stati letti.
Messina Denaro è stato condannato in contumacia come mente degli attentati del 1993 a Roma, Firenze e Milano. Gli attacchi avevano lo scopo di intimidire gli investigatori dopo che il “Boss dei Boss” Salvatore Rina era stato arrestato a Palermo dopo due decenni di latitanza. Dopo l’arresto nel 2006 di Bernardo Provenzano, dopo 43 anni di latitanza, Messina Denaro è diventato il capo mafia più ricercato. È stato definito da molti il “boss dei boss” per la sua attuale posizione di potere.
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Si tratta di Clemente: imprenditore edile, uno dei membri più attivi della cosca di Castelvetrano e anche “uomo vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro”, secondo gli inquirenti. Il suo arresto, da parte del dirigente del Gip, rientra nell’inchiesta della Dia coordinata dalla Dda di Palermo, che ha svelato i sodalizi mafiosi di Cosa nostra.
L’indagine su Clemente nasce dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Lorenzo e di Giuseppe Grigoli, che insieme hanno condannato in maniera decisa i soggetti legati alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, definendo l’imprenditore “capace di infiltrarsi e di condizionare l’economia locale nei settori dell’edilizia pubblica e privata e nel business degli scisti bituminosi, per procurare ingenti risorse finanziarie alla famiglia”.
“Dalle indagini emerge che Clemente aveva un rapporto forte, diretto e privilegiato con il boss Messina Denaro”, ha detto la Dia, “e che ha partecipato sistematicamente alle due imprese che sono state sequestrate oggi, spartendosi le provvigioni nei settori dell’edilizia e del calcestruzzo. Queste sono avvenute nell’ambito dell’inner circle mafia-affari e, insieme agli imprenditori Giovanni Filardo e Giovanni Risalvato, hanno partecipato anche Lorenzo Cimarosa e Rosario Firenze”. I primi tre sono condannati in via definitiva per associazione mafiosa, mentre l’ultimo è attualmente detenuto per lo stesso reato.